mario bertola: diario e memorie

le memorie di mario e della sua lotta contro l' acna e per una valle bormida viva

lunedì, settembre 19, 2005

cap. 4 il saluto del ministro

IL SALUTO DEL MINISTRO

Eravamo ai primi di maggio del 1988.
Per le vie del paese si respirava aria di festa: erano incominciati i preparativi per la sedicesima “Sagra del Pollo”.
Alla sera, dopo cena, le donne più volenterose di Gorzegno si trovavano assieme per preparare gli agnolotti al plin da distribuire durante la festa.
Nonostante l’entusiasmo, il lavoro e il grande impegno per i preparativi della festa, i discorsi e le discussioni della popolazione cadevano sempre sull’argomento ACNA e sulla lotta per ottenere la sua chiusura.
Era in programma per venerdì 6 Maggio un incontro a Bossolasco, presso la sede della Comunità Montana Alta Langa, organizzato dai vertici della Comunità Montana con i dirigenti dell’ACNA, per cercare di far luce sulla problematica creatasi dopo che la Valle era stata dichiarata area ad alto rischio ambientale.
I consiglieri valbormidesi avevano espresso la volontà di non partecipare a quell’incontro e così pure la popolazione, che non ne voleva più sapere di sentire le solite promesse.
Tutti sapevano che qualunque cosa l’ACNA avesse proposto non l’avrebbe mai mantenuta.
Erano finiti i tempi delle trattative, ora ci voleva un taglio netto.
“ACNA chiusa e basta!”: questa era la parola d’ordine sulla bocca di tutti.
Io, al tempo, avevo ben 43 anni ma devo ammettere che in certe cose ero ancora ingenuo come un bambino: infatti a me non sarebbe dispiaciuta l’idea di sedere a un tavolo con lor signori per vedere come si sarebbero difesi dall’accusa di aver avvelenato una Valle, sentire quali erano i loro progetti per riparare, almeno in parte, il grave danno che avevano arrecato.
Pensavo tra me e me: “a questa riunione sono invitati sindaci e politici, è impossibile che non riescano a fare valere i nostri sacrosanti diritti”.
La risposta, anzi la smentita alle mie infantili illusioni, è arrivata puntuale e chiara proprio quel 6 Maggio.
Era una di quelle giornate già tiepide, primaverili, e a Bossolasco il panorama era a dir poco splendido: lo sfondo delle montagne e la cima del Monviso innevata….ma questo, a dir la verità, poco importava a noi poveri pellegrini.
Eravamo circa 150 persone arrivate a gruppi con le proprie auto dai vari paesi della valle: da Gorzegno eravamo partiti nel primo pomeriggio con sette macchine, qualcuno ci aveva già preceduti, come Renzo Fontana che con altri giornalisti e politici era stato ricevuto al mattino all’interno dell’ACNA con dolciumi, bibite e con i viali rinnovati da ghiaia di montagna ed enormi fioriere.
La sede della Comunità Montana era situata tra la provinciale e la via principale del paese e per accedere al locale bisognava fare un breve tratto a piedi e percorrere un balcone.
L’entrata era praticamente circondata da noi contestatori, ma il passaggio era libero.
Qualcuno già era dentro, qualche consigliere entrò tranquillamente tra l’indifferenza di tutti. Ad un tratto il composto vociare della popolazione si trasformò in un mormorio subito seguito da un lungo applauso….stava arrivando l’ing. Obertino, presidente della Comunità Montana.
Un applauso talmente composto che in un primo momento il presidente si fermò e sfornò un cordiale sorriso con aria compiaciuta e orgogliosa. Non ci mise molto a capire che quell’applauso era ironico e infatti si trasformò in fischi e urla: “Obertino hai tradito la tua Valle”….”Obertino ti sei venduto”.
A quel punto il presidente allungò il passo, fece i pochi metri del terrazzo e si infilò dentro in fretta e furia senza voltarsi indietro.
Entrarono ancora alcuni consiglieri e tre signori distinti con le borse di pelle e il giornale sotto il braccio, erano gli alti vertici dell’ACNA: il dottor Salucci, il dottor Viganò e l’ing. Pasquon.
S’incamminarono verso la sede col sorriso tra le labbra e lo sguardo amico. Tra noi subito s’intonò un grido “ACNA chiusa!…ACNA chiusa!” e anche il loro sorriso si trasformò, il passo si fece più svelto: diretto verso il terrazzo e dritti verso la porta senza voltarsi.
Nessun sindaco e nessun consigliere della valle era presente in sala. Come deciso in precedenza non volevano negoziare la salute dei cittadini con i dirigenti dell’ACNA.

IL SIGNOR MINISTRO:

Eravamo tutti ammassati davanti all’entrata della sede dove era in programma “l’incontro farsa” e non riuscivamo a capire se questo fosse cominciato o meno.
Il nostro scopo era fare sentire la protesta a chi responsabile, far entrare le nostre grida tra le mura e le porte sbarrate.
Ad un tratto ci fu quasi un silenzio totale, tutti si girarono verso la Provinciale dove, da un'auto blu, era sceso in mezzo a noi nientemeno che il Ministro della sanità: Donat - Cattin.
Io e alcuni vicino a me restammo senza parole.
Penso sia stata una sorpresa per tutti, perché tutti rimasero quasi in silenzio.
Il Ministro, dritto su di sé e con volto austero e serio, si diresse a passi lunghi e veloci verso l’entrata.
Ruppe il silenzio la voce sottile ma penetrante di una donna: ”signor Ministro!……signor Ministro!”….ma egli tirò dritto, passò sui miei piedi e in un attimo raggiunse la porta. La donna continuò con voce implorante, aiutata adesso da alcuni di noi: ”signor Ministro! ….solo una domanda!”
Il ministro impugnò la maniglia e aprì la porta.
Finalmente tranquillo per aver raggiunto il suo traguardo, si voltò di scatto verso di noi e con un ruggito forte e chiaro rispose a tutti i presenti con le testuali parole: "non rompetemi le palle!…”.
Poi, senza aspettare risposta, si rivolse ad un povero carabiniere in servizio vicino all’entrata e gli urlò in faccia in modo sgarbato: ”cosa ci fanno quelli lì fuori?…chiama dei rinforzi mandali via….sgomberare! ! ! “.
Rimasi letteralmente senza parole: non riesco a descrivere quello che ho provato in quel momento.
Io che fino a quel momento credevo al dialogo, alle istituzioni, mi sono sentito crollare il mondo sotto i piedi, con un miscuglio di delusione e rabbia. Sono rimasto come un bambino di pochi anni a cui è stato detto in modo sgarbato che Babbo Natale non esiste.
Fu in quel pomeriggio del 6 Maggio che finì la mia ingenuità e all’età di 43 anni non ancora compiuti divenni un po’ più adulto.
Intanto la situazione in piazza si era surriscaldata: arrivarono puntualmente i rinforzi chiesti con prepotenza dal Ministro ma arrivarono anche parecchie macchine di manifestanti da Cortemilia, da Vesime e da buona parte della valle Bormida.
I manifestanti in coro invitavano l’onorevole Donat - Cattin ad uscire fuori e le urla e le imprecazioni si fecero sempre più forti.
Ad un tratto la porticina del terrazzo si aprì e ne uscì un Signore dall’aria buona, che venne in mezzo a noi, a parlarci in modo amichevole.
Era il “buon“ Ruffino, onorevole, grande amico ed ex legale dell’ACNA. Ci raccontò che anche lui era un valligiano molto legato alla nostra valle, disse che avevamo ragione e che avrebbe fatto il possibile per far valere le nostre ragioni, ma anche che l’ACNA da quel momento avrebbe rispettato le leggi e che aveva il diritto di lavorare.
Ci fece capire che potevamo andare a casa tranquillamente e che ci avrebbe pensato lui.
Nonostante il suo modo cordiale, non convinse nessuno……l’unico ingenuo presente era diventato adulto pochi minuti prima……e si riprese a urlare sempre più forte e sempre più numerosi “ACNA chiusa!…..ACNA chiusa!” e ci si rivolgeva poi al Ministro, invitandolo fuori.
Si stava facendo tardi, io avrei dovuto essere di turno per la notte, ma non me la sentivo di lasciare la compagnia, non sarei scappato senza rivedere in faccia quell’uomo dalle “palle rotte“, quell’uomo che mi aveva aiutato a crescere e a maturare.
Nessuno diede segni di stanchezza, anzi al contrario continuava ad arrivare gente.
Finalmente la porta si aprì e qualcuno incominciò a uscire scortato dalle forze dell’ordine, seguito appena da qualche fischio.
Ormai era chiaro che la nostra attenzione e la nostra attesa era tutta rivolta per il Ministro Donat - Cattin, che uscì quasi portato in braccio da un cordone di carabinieri.
Potemmo solo urlare la nostra rabbia e seguire con lo sguardo quell’ammasso di divise che si avvicinava all’auto blu che attendeva di fianco alla provinciale.
Quando la portiera fu aperta e il Ministro stava per salire si voltò verso di noi per uno speciale saluto………alzò l’avambraccio destro e lo colpì fortemente col sinistro in segno di sfratto.
Non ho capito le volgari parole che hanno accompagnato quel gesto, ma il segnale era forte e chiaro.
Il bel panorama che circondava il paese si era oscurato, non si vedeva più la cima innevata del Monviso, la poesia che rallegrava i nostri cuori si era oscurata. Era scesa la notte su tutto, e tutto intorno tornò il silenzio.
Restavano solo i ricordi: ognuno di noi tornò a casa con i propri; e con i ricordi, le proprie considerazioni.