mario bertola: diario e memorie

le memorie di mario e della sua lotta contro l' acna e per una valle bormida viva

giovedì, settembre 15, 2005

cap. 8 il nostro giornale

IL NOSTRO GIORNALE

Dopo la movimentata e calda settimana di luglio, che tolse il respiro fra caldo, rabbia, lavoro e proteste giornaliere, finalmente arrivò il periodo delle ferie e ne approfittai per trascorrere qualche giorno in tranquillità con la famiglia sulle montagne delle Dolomiti, nella bella valle del Cadore.
Eravamo ai primi di Agosto: l’aria fresca e i paesaggi da favola di quella vallata mi fecero dimenticare presto la stanchezza e lo stress del lavoro in fabbrica.
Lunghe passeggiate su per quei verdi prati, fin dentro alle pinete, formate da fitti abeti, alti e ritti verso il cielo. Poi ancora su, fino ad arrivare alla nuda montagna, con la sua roccia color rosa pallido. Ogni giorno potevo scegliere un nuovo itinerario, i luoghi erano vere oasi di pace e un inno alla natura.
Una mattina mi trovai ai piedi del monte Peralba e la sua cima illuminata dal sole fu uno spettacolo che mi costrinse a fermarmi, per meglio contemplare.
Sotto ai miei piedi scorreva un rigagnolo: era il Piave alla sua sorgente.
Non potei osservarlo senza andare con il pensiero indietro nella storia, alle battaglie e ai morti che quelle limpide acque avevano visto in passato.
Per un istante tralasciai quel paradiso che mi circondava, per addentrarmi nei ricordi di quello che avevo studiato sui libri di storia e in quelli che avevo sentito dai miei vecchi.
Così, riflettendo sulla storia di quel fiume, il mio pensiero tornò al Bormida, che avevo lasciato nero e puzzolente come sempre.
Anche il Bormida aveva la sua triste storia da raccontare e dei morti da ricordare.
Quando partii per quella vacanza, l’Acna era chiusa. Per la prima volta nella sua secolare storia l’Acna era chiusa per risanamento, una chiusura di 45 giorni, voluta dal Ministro all’ambiente Ruffolo. Nessuno di noi valligiani s'illudeva che, in un così breve periodo, si risanasse una fabbrica che vomitava veleni da oltre cento anni.
Mancavo dalla mia valle ormai da sette giorni ed ero ansioso di avere notizie. Ogni mattina compravo “La Stampa”, con la speranza di trovare un trafiletto al riguardo, ma, mancando le pagine locali di “Cuneo e provincia”, era raro trovare un articolo sulle pagine nazionali.
Sperimentai così la sete di notizie e compresi l’importanza dell’informazione.
Mi ronzava per la testa, quello che Renzo Fontana andava dicendo da mesi: «dobbiamo crearci un giornale nostro». Renzo era un giornalista di professione, era anche lui di Gorzegno, e, come me, aveva avuto padre e nonno in lotta sin dagli anni cinquanta per salvare il fiume. Renzo si era laureato, aveva lavorato a Genova come giornalista, ed era tornato nella sua terra, che amava, per restarci.
Si tuffò anche lui nella lotta contro l’Acna e in breve tempo ne divenne un attivista, sempre in prima linea.
Era un ottimo trascinatore e sapeva tirarsi fuori da ogni situazione, anche la più difficile, infondendo fiducia a chi gli stava vicino: «Un giornale tutto nostro, un giornale della gente per una corretta informazione». Erano queste le parole di Renzo, era quello il suo obiettivo, tutti ne condividevamo l’utilità e lo vedevamo come un sogno....e come tale difficile da realizzare.
Al ritorno dalle ferie, risalii la mia valle da Alessandria fino a Gorzegno.
Volevo vedere il Bormida con la speranza di vederlo migliorato in quei pochi giorni di chiusura dell’Acna. Così, arrivato a Cortemilia, accostai lungo la statale che costeggia il fiume.
Non era cambiato niente: il fiume mi sembrava ancora più nero di quando l’avevo lasciato. Feci due passi con la famiglia entrando in un bar, ebbi modo di parlare ed essere informato sugli ultimi sviluppi.
Altro che ferie! In quella tormentata valle, sembravo io l’unico ad aver fatto le ferie. Tante erano le novità e le iniziative in programma: i sindaci minacciavano le dimissioni e una nuova manifestazione a Cengio era in programma per l’11 settembre.
Quell’11 settembre eravamo 8000 persone ammassate a Cortemilia. Il Questore ci aveva vietato di manifestare a Cengio, così da Cortemilia proseguimmo e ci fermammo al confine, dove potemmo ammirare l’Acna in tutto il suo squallore. Nessuno di noi tentò di forzare il cordone di poliziotti: quello era il nostro confine, sempre più difficile da oltrepassare. Oltre quel cordone di polizia era ancora Italia, ma noi non potevamo arrivarci.
Quarantacinque giorni passano in fretta, così in un baleno arrivammo al 19 di Settembre, data in cui l’Acna riapriva i cancelli.
Tutta la valle si era attivata affinché questa riapertura non avvenisse o almeno fosse rinviata, ma non vi fu ragione.
Quel lunedì mattina del 19 settembre, mentre la fabbrica riapriva i battenti, le campane di Gorzegno e quelle di quasi tutti i paesi della valle Bormida, suonarono a morto.
In quei tocchi lenti e gravi si leggeva tutta la tristezza di una valle che stava morendo e si rendeva omaggio a tutti gli operai dell’Acna morti di cancro.
Nel frattempo, alla piccola stazione di Cengio, scesero dal treno tredici persone della nostra associazione, imbavagliati con foulard e con le mani legate da fazzoletti.
Si fermarono appena fuori dalla stazione, in silenzio e composti. Presto nella piazzetta davanti a loro si formò una piccola folla che incominciò ad insultare e schernire pesantemente i nostri amici.
I tredici, imbavagliati e con le mani legate, non fecero reazione alcuna.
Uno di loro parlò con i giornalisti intervenuti e consegnò loro un comunicato stampa, con il quale l’Associazione Rinascita ribadiva il profondo dissenso al piano di risanamento presentato dall’Acna. Nel frattempo un fischio, alzatosi dalla vicina stazione, segnalava l’arrivo del treno e i nostri eroi vi salirono compostamente, mentre dall’altra parte della strada gli insulti e le minacce si facevano sempre più pesanti.
Quella sera, nella piazzetta davanti alla sede dell’associazione, ci trovammo numerosi a vedere i filmati, a onorare e ringraziare i nostri tredici valorosi rappresentanti e a scambiarci commenti e proposte per i giorni a venire.
Il nostro calendario era sempre ricco di impegni: tra le cose più importanti a breve termine, vi era la visita a Cuneo del Presidente della repubblica Francesco Cossiga: era un’occasione per farci sentire e spiegare direttamente il nostro problema.
A Cairo Montenotte, in quei giorni, si svolgeva il finale del processo a tre ex dirigenti dell’Acna. Alcuni dei nostri sindaci avevano in quei giorni dato le dimissioni e altri minacciavano di farlo.
Il viaggio a Cuneo, per incontrare il presidente Cossiga, mi deluse un po’. Non che mi aspettassi di veder risolti i nostri problemi ....la fiducia nelle istituzioni l’avevo già persa….. ma rimasi disgustato dal modo in cui fummo accantonati in disparte e tenuti a bada con transenne, come animali pericolosi, mentre le auto blu del Presidente scortate da poliziotti in alta uniforme, attraversavano le più lussuose vie di Cuneo.
Il processo di Cairo ai tre ex dirigenti, invece, lo seguii con grande interesse. Le arringhe fatte dagli avvocati dell’Acna, inconfondibili in aula per quelle facce rese ancor più pallide dalle loro toghe ner, e l’emozione del giorno della sentenza.
Quel giorno ho speso bene e senza rimpianti il mio giorno di ferie.
E’ stata una mattinata di preoccupante attesa, poi l’intervallo durante la camera di consiglio e, verso le ore 16, la storica sentenza.
Mentre aspettavamo che il pretore uscisse dalla camera di consiglio, un brivido di freddo attraversò il mio corpo pensando al processo di trent’anni addietro, quando in un altro tribunale della Liguria si sostenne che gli scarichi dell’Acna erano fertilizzanti e condannarono 54 miei compaesani, tra cui mio padre e mio nonno.
Condannati perché avevano protestato per il fiume sporco.
Fortunatamente, quel pomeriggio a Cairo andò diversamente, il pretore Giuseppe Dagnino fu chiaro nel dichiarare che l’Acna era colpevole d'inquinamento e condannò i suoi ex dirigenti a pene variabili dai tre mesi ad un anno e tre mesi di reclusione e al pagamento delle spese processuali e dei danni arrecati dall’inquinamento.
Trattenni a stento un urlo di gioia e voltandomi, di fianco a me, vidi una donna con gli occhi umidi da lacrime di gioia e tante facce incredule e soddisfatte.

Domenica 20 Novembre 1988

La fabbrica in cui lavoravo da anni purtroppo aveva profanato la Domenica, questo mitico giorno della settimana, ma per gli abitanti dei nostri paesi era pur sempre un giorno di svago e di riposo.
Sulla piazza della Chiesa, la domenica mattina, si ritrovavano tutti: riuscivi a trovare le persone più solitarie e, inoltre, tutti quelli che in settimana dovevano allontanarsi dal paese per motivi di lavoro.
Era, dunque, quello un momento di comunicazione e scambi d’informazione.
Seguire tutte le varie assemblee e gli sviluppi della nostra lotta, era quasi impossibile anche per i più volenterosi, così la piazza nei giorni di festa era un’occasione in più per raccogliere le ultime notizie in proposito, tramite il passaparola e la lettura dei volantini affissi nell’apposita bacheca appesa ai piedi del campanile.
La domenica del 20 novembre 1988, appena arrivai in piazza della chiesa, notai che qualcosa di nuovo e importante era nell’aria.
Capannelli di persone qua e là stavano esaminando e discutendo con un giornale in mano. Mi avvicinai a loro e rimasi di stucco……era il nuovo giornale della valle Bormida. «Bravo Renzo!…ce l’hai fatta!» esclamai ad alta voce, anche se Renzo non era tra noi.
Girai e rigirai quel giornale tra le mani, come avessi trovato un tesoro. Avrei voluto leggerlo tutto di un fiato: gli articoli erano uno più interessante dell’altro, ma non riuscivo a gustarmelo così su due piedi, in piazza.
Volevo andarmelo a leggere in macchina, concentrandomi riga per riga, però non potevo andarmene così, volevo anche sentire i commenti della gente.
Già il titolo di quella testata colpiva tutti al cuore: «Valle Bormida Pulita». Quella frase la conoscevamo bene tutti, era diventata il nostro motto, il nostro simbolo della lotta. L’avevamo stampata su un’infinità di striscioni e cartelli e l’avevamo portata in giro per mezza Italia, da Torino a Genova, a Cengio, ad Alessandria………
Era apparsa su tutti i telegiornali quando a Castelnuovo Don Bosco è stato fermato il giro d’Italia, ed era sul parabrezza di tutte le auto, tramite adesivo colorato.
Adesso quella scritta «Valle Bormida Pulita» era lì, come titolo del nostro giornale, scritta a caratteri cubitali e con un fiore (invece del punto) sulla lettera “i“. Sulla sinistra del titolo una frase di B. Fenoglio e sulla destra una frase di A. Monti.
Sulla testata si leggeva inoltre: «anno 1 N° 1, periodico di informazione - autorizzazione del tribunale di Alba N° 467 del 7/11/1988». Seguiva data, indirizzo della sede, numero telefonico e fax.
Non era un semplice volantino ma un giornale a tutti gli effetti: un giornale di sole otto pagine ma tutte da leggere, non una riga di pubblicità in quel primo numero. Alcune notizie le sapevamo già: la condanna dell’Acna al processo di Cairo, le dimissioni di 19 sindaci...ma era comunque interessante leggerne i particolari.
Vi erano poi notizie clamorose, come il progetto di portare gli scarichi dell’Acna a Cairo, oppure a Savona, tramite un “tubo” e quello della costruzione di un inceneritore a Cengio sotto il falso nome di impianto per «ricuperi solfati».
La notizia bomba, quella che destò più scandalo e che a qualcuno ruppe le uova nel paniere, fu quella pubblicata in ultima pagina dal titolo: «Due miliardi per una fotocopia».
In quell’articolo era chiaramente documentato come l’Ansaldo, incaricata dal governo di fare un piano di risanamento per la valle Bormida, non aveva fatto altro che fotocopiare il piano fatto in precedenza per il bacino del Lambro – Olona - Severo, cambiandone semplicemente nomi e cifre.
Quella fotocopia, come diceva il giornale, era costata al Governo la bellezza di due miliardi di lire. Non fu un semplice articolo ma un vero e proprio documento e una clamorosa denuncia. Ma era tutto il giornale a non essere come gli altri, che si sfogliano e si buttano: andava letto, memorizzato e conservato.
Per poter essere libero è stato fatto senza finanziamenti alcuni e con tanto volontariato.
Da molti è stato temuto e criticato, per noi è stato di grande aiuto ed è giusto ricordare e ringraziare tutti quelli che vi hanno lavorato con coraggio, perdendoci dietro notti di sonno e danaro.