mario bertola: diario e memorie

le memorie di mario e della sua lotta contro l' acna e per una valle bormida viva

domenica, settembre 18, 2005

cap. 5 occasioni mancate

OCCASIONI MANCATE

Maggio 1988
La vita apparentemente tranquilla di un operaio, in realtà non è sempre così monotona come sembra agli occhi della gente. Spesso dovevo lottare tra la famiglia e la fabbrica. Alla prima ci tenevo troppo: i bambini, in età scolare, volevo seguirli, essergli vicino nello studio e nello svago. Volevo essere un padre amico, non un padre padrone.
Il lavoro interferiva parecchio con questo mio obiettivo: dovevo lavorare di notte, di sabato e anche di domenica, trovandomi magari libero in settimana quando i bambini erano a scuola. La fabbrica in cui lavoravo, mi chiedeva sempre di più, voleva più produzione, miglior qualità e arrivavo alla fine del turno di lavoro stressato e sfinito.
In tutta la valle la lotta contro l’ACNA era sempre più attiva e serrata: non si contavano più le assemblee e le iniziative. Io che ho creduto in quella lotta da sempre, dopo l’incontro a Bossolasco con il ministro Donat-Cattin, ho visto accendersi in me una sete di giustizia che mi spinse a seguire e a partecipare attivamente a tutte le iniziative. Purtroppo però dovevo fare i conti con la famiglia e il lavoro, così, quel 30 Maggio 1988, salutai dalla mia finestra di casa il pullman carico di miei compaesani, donne e uomini, fra cui mio padre, che verso le nove del mattino partirono dalla piazza di Gorzegno per recarsi al palazzo della Regione a Genova.
Lo seguii con gli occhi e con il cuore quel pullman, ma io quel pomeriggio non potevo mancare al mio lavoro.
A Genova, quel giorno, si svolgeva il consiglio regionale in cui si doveva decidere come risanare la fabbrica di Cengio e la presenza in aula di un consistente numero di piemontesi surriscaldò il dibattito.
La quasi totalità dei partiti liguri era contraria ad una chiusura, seppur temporanea, dell’Acna per il suo risanamento. Nell’aria si ventilava anche uno slittamento del termine, già fissato al 30 Luglio, per presentare il piano di risanamento radicale.
Con tutte quelle scoraggianti prospettive, il pubblico piemontese si indignò e fu allora che sei esponenti dell’associazione “Rinascita Valle Bormida” si incatenarono al balcone dell’atrio della sala consigliare.
La protesta ebbe termine solo dopo la promessa, arrivata via fax da Torino, con cui si fissava un incontro per l’indomani mattina alla regione Piemonte.
Quella singolare protesta attirò parecchi giornalisti, così il nostro problema ebbe modo di farsi conoscere ad un raggio sempre più ampio.
Fare conoscere il nostro caso all’opinione pubblica, possibilmente a livello nazionale, era il nostro obiettivo nelle ultime assemblee. Fu proprio in una di quelle riunioni che una persona tra il pubblico fece notare che il 2 Giugno seguente, a Castelnuovo Don Bosco, avrebbe fatto tappa il Giro d’Italia.
Quale occasione migliore per farci notare dalle telecamere e dai giornalisti?
In pochissimo tempo l’idea ebbe l’unanime consenso di tutta la valle.
Lo scopo non era quello di fermare la manifestazione sportiva, ma soltanto di fare una sfilata con i nostri striscioni e cartelli, sotto l’occhio delle tante telecamere presenti.
In quel modo le nostre immagini e lo striscione con su scritto ”Valle Bormida Pulita” sarebbero entrate nelle case di tutti gli italiani.
Lavorai sodo con gli amici per scrivere nuovi cartelloni, ma anche quella volta dovetti rinunciare alla manifestazione.
Ma anche quel pomeriggio dovetti lavorare: il collega con il quale avevo programmato il cambio turno ebbe un contrattempo, così fui costretto ad accontentarmi di vedere i sei pullman e le decine di macchine partire da Cortemilia verso Asti.
Le forze dell’ordine erano informate di quella iniziativa: già alla partenza e per tutto il tragitto, il corteo fu sostanzialmente scortato fino all’arrivo sul posto dove si svolgeva la manifestazione.
Mancava ancora parecchio all’arrivo dei corridori e il corteo di protesta fece il suo tragitto sulla pista dell’arrivo, sotto gli occhi stupiti di tifosi e forze dell’ordine. Incominciò subito una mediazione con il vicequestore di Asti e con il regista delle trasmissioni Rai.
Si arrivò ad un accordo: i manifestanti avrebbero lasciato libera la pista e in cambio la Rai avrebbe trasmesso per 30 secondi in diretta i nostri messaggi.
Accordo fatto, il corteo con gli striscioni si spostò sul bordo della strada e la pista fu libera. Dopo qualche minuto arrivarono i ciclisti che fecero la loro volata finale.
Una volata, che all’insaputa di tutti era finta.
L’organizzazione della gara, infatti, senza dare comunicazione, aveva deciso di sospendere la gara e assegnare la vittoria a pari merito a tutti i partecipanti.
Sul pullman, durante il ritorno, tutti erano cautamente soddisfatti per aver ottenuto quei trenta secondi di ripresa Rai, tutti erano ignari di quello che era veramente successo.
Così la sorpresa maggiore l’ebbero sentendo la notizia al telegiornale; “la tappa era stata soppressa e il punteggio assegnato a tavolino”.
Tutti i telegiornali ne parlarono ancora il giorno dopo, la stampa nazionale e internazionale diede molto risalto alla cosa.
Alcuni ci accusarono ingiustamente di aver tradito uno sport pulito, altri ci hanno chiamati ecologisti esaltati, ma intanto il nostro striscione con su scritto: “Valle Bormida Pulita” fece il giro di tutti i quotidiani.
Quella sera rientrai dal lavoro stanco ma contento: pur non avendo partecipato direttamente a quella manifestazione avevo colto tutte le emozioni, mi sentivo in mezzo a loro e ne ero orgoglioso.